Pomeriggio di febbraio

Sono esausta, e devo avere proprio una brutta cera, perché papà si è offerto di rimanere con la piccola febbricitante mentre io e te, finalmente, usciamo a prendere una boccata d'aria. È febbraio, il cielo è bianco e ovattato. Aspettiamo l'autobus per andare a Belluno: oggi voglio fare qualcosa di speciale con te, dolce Aurora. Tu non ti ricordi neanche più del tempo che abbiamo trascorso insieme solo noi, prima che nascesse Irene. Per te la tua sorellina c'è sempre stata, come la tua mamma e il tuo papà. Ma io ricordo bene le notti passate a preoccuparmi per quello che sarebbe stato poi, i nostri ultimi abbracci prima del parto, un po' più lunghi, un po' più stretti. Avevo il terrore di farti mancare qualcosa, di non essere in grado di fare tutto, affaticata com'ero già solo con te. La notte ti svegliavi ogni due ore, come avrei potuto occuparmi anche della tua sorellina? Allattare lei e riservare a te le cure di sempre? Ricordo bene il magone che mi veniva quando annusavo il tuo profumo mentre dormivi. Sembrava quasi un addio, e in un certo senso lo era: era la fine di un pezzo della nostra vita insieme. Quello che non sapevo era che tu saresti stata eccezionale, e io con te; che la tua sorellina sarebbe stata più clemente di quanto mi stavo immaginando, quasi fosse consapevole dei nostri bisogni; che sarebbe arrivata in un modo perfetto, nel posto perfetto per lei e per noi: la nostra casa. Non è stato sempre facile - non credo lo sia mai - , ma Irene con il suo sorriso di luce ha dato un senso nuovo a tutto. E tu eri così fiera di essere la sua sorella maggiore! La coccolavi, la accudivi, la proteggevi, come una una mammina, di neanche due anni. 

Hai iniziato a parlare prestissimo, e non la lingua buffamente storpiata dei bambini: tu scandivi le sillabe alla perfezione, e volevi sempre fare tutto "sola"; non hai mai amato le smancerie, tanto che per elemosinare i tuoi gesti di affetto ti abbiamo sempre dovuta corteggiare. Per questo mi rimane il dubbio di averti considerata abbastanza grande quando in realtà non lo eri. Non ricordi di aver sofferto, ma chissà perché continuo a chiedermi se da qualche parte nel tuo cuoricino io sia mancata. 

È la prima volta che prendi la corriera e la tua eccitazione è contagiosa. Da quanto tempo non salgo su un mezzo pubblico? E quanto mi piaceva viaggiare così, con la testa appoggiata al finestrino? Ci sediamo proprio dietro l'autista, e ti metto il mio lucidalabbra, un piccolo segreto fra me e te. In radio passa una delle tue hit preferite e mi guardi accennando un sorriso un po' timido, ma pieno di felicità. Ti immagino percorrere questa tratta fra qualche anno, e mi chiedo dove voleranno i tuoi pensieri. Ora sono sulla lunghezza dei miei, pieni di amore e gratitudine. Scendiamo in stazione, affidi la tua piccola mano alla mia. Andiamo in cartoleria, poi a comperare delle magliette e attraversiamo la piazza con le nostre borse di carta, come due "tate grandi", due amiche che vanno a fare shopping. Un anno fa sarebbe stato impossibile, e pensarci mi dà un senso di leggerezza e soddisfazione inebriante. 
- Ci prendiamo un tè? 
- Oh sì mamma!
Scendiamo in via Mezzaterra ed entriamo al Lettherarium.
Un anonimo mercoledì pomeriggio, quattro persone sono sedute sulle poltroncine del salotto. Un vero salotto di casa, avvolto da un intenso profumo di frutta, spezie e caffè. Ordiniamo un infuso alla ciliegia e due biscotti ricoperti di cioccolato. Il barista ci serve le tazze-teiere con una clessidra: quando si sarà svuotata la nostra bevanda sarà pronta. Tu appoggi il mento al tavolo e guardi incantata la sabbia colorata che scende piano. Il ragazzo che ci ha servito indossa una salopette di jeans sopra una t-shirt bianca e sta canticchiando la prima canzone della playlist che ha appena fatto partire. Canta e balla, e mi piace vedere la disinvoltura e la serenità con cui si muove, la professionalità e la passione con cui lavora. È completamente a suo agio nel mondo, e mi chiedo se io mi sia mai sentita così in vita mia. A volte ti vedo tanto simile a me da farmi provare una tenerezza struggente, e proprio per questo spero di poterti guidare a diventare ciò che sei, libera da paure, proiezioni, o limiti di sorta. 
Finiamo la nostra merenda, e mentre io mi guardo intorno trasognata tu sgrani i tuoi occhioni e mi dici:
- Mamma, io mi annoio qui!
Sorrido, ti infilo la giacca e mi avvicino alla cassa. Prendo anche una tavoletta di cioccolato al pepe rosa per papà, fra qualche giorno è San Valentino. E poi decido che la timidezza, i non detti, i non tentati non faranno più parte del mio bagaglio, e chiedo al ragazzo dietro il banco qual era la canzone di prima, quella con un retrogusto sonoro un po' anni '80. 
- Ah sì, aspetta, prendo carta e penna.
Su una strisciolina di carta scrive "Disco Zodiac - Vino".  

Usciamo nell'aria della sera, e dopo una capatina in libreria, dove scegliamo un albo illustrato per te e la tua sorellina, ci incamminiamo verso la stazione. 
- Mi manca tanto Irene però! - dici.
E mi rendo conto che non ti ho tolto proprio niente, né allora né mai. 
Arriviamo a casa e vi correte incontro abbracciandovi forte; quello che per qualche tempo è stato un magone intriso di dubbi è diventato una lacrima di pura gioia. Sarà bellissimo crescere insieme a voi.


 

Commenti

Posta un commento

Post più popolari