La ragazza delle giostre

Si siede al tavolo e chiede un cappuccino tiepido e una brioche vuota. La raggiungono due ragazzi che dopo aver ordinato un caffè e un bicchiere d'acqua, saldano il conto. 
- Hai pagato tu, stronzo? - fa lei, rivolgendosi a uno dei due. Rimango un po' interdetta, ma giusto il tempo di vedere i suoi denti bianchi comparire in un sorriso ammiccante. Gli occhi furbi, veloci, con cui lo guarda, trasmettono un grande affetto. È la loro lingua, tanto sfacciata e maleducata, quanto sincera e genuina. Lei è bellissima. Sembra una modella e ha i capelli castani, lisci e lunghissimi, puliti; la carnagione inscurita dal sole, gli occhi verdi sotto ciglia lunghe. Non è truccata, non ha niente di artificioso: è naturale come lo sono le sue sorelle, cugine, amiche, le ragazze nomadi delle giostre. Non ricordo di averla mai vista prima. Forse è una parente lontana, un'amica, la fidanzata di qualcuno del gruppo; o forse, più probabile, era stata proprio fra i bambini che bighellonavano attorno alle attrazioni del luna park nelle settimane della sagra, e oggi è, come succede sempre, all'improvviso, una donna. 

Arrivano a luglio con la loro carovana di camion e roulottes per la festa paesana e montano le giostre proprio davanti al locale nel quale lavoro. Devo ammetterlo, negli anni passati non impazzivo di gioia quando gli uomini, sudati e sporchi di olio, entravano e uscivano dal bar con le loro espressioni colorite e i commenti poco graditi, in un via vai sconclusionato e caciaresco. Sono stata piuttosto insofferente nei loro confronti, forse anche perché a vent'anni non si hanno lo sguardo critico, l'ampiezza di vedute, la spigliatezza che arrivano in età più matura. Quest'anno, tuttavia, avverto qualcosa di diverso. Forse io, forse tutti, siamo cambiati in questi mesi. È indubbio che l'evoluzione graduale di certe dinamiche fosse già in divenire, ma ho la sensazione che il momento che abbiamo vissuto e stiamo vivendo abbia accelerato tutti i processi in corso. 
La generazione degli anni '70 ha abbandonato la sua sfrontata impudenza, e, in ritirata, lascia spazio ai giovani, senz' altro più liberi dai pregiudizi e dagli schemi. 
È il primo anno che Bribano è senza la sua grande sagra, il tavolino dei nostri vecchi è vuoto, e non c'è più nemmeno Renzo, la memoria delle amicizie nei paesini del bellunese, fatte di ombrette bevute in compagnia e di ricordi di feste lontane. Sempre presente invece una coppia, marito e moglie, che ho visto invecchiare negli anni. Lui, a dire il vero, è rimasto sempre uguale, con i suoi modi garbati e una scia di profumo a seguirlo. Lei doveva essere stata bellissima da giovane, una tipa tosta, dalla voce ruvida e lo sguardo pungente. Si è ammorbidita con il passare del tempo, e oggi mi chiede come sto, condividendo con me le preoccupazioni di questo periodo difficile. 

Non ricordo quando sono salita su una giostra per la prima volta, ma ricordo quelle che stazionavano sul campo del Peron, una trentina di anni fa. Il valzer della pista da ballo si confondeva con le canzoni italiane del momento, suonate sulle catene. Papà ci aveva comperato dei braccialettini luminescenti dai venditori ambulanti: avremmo voluto che non si spegnessero mai, come le lucine delle giostre, come l'atmosfera che si respirava, e che respiro di nuovo ogni volta che sento la cadenza di un liscio, se pure accompagnata dalla leggera malinconia che emanano le cose di una volta.
Ripenso all'emozione della domenica in cui mamma e papà ci avevano portato al luna park a Belluno, alla festa di primavera a Sedico e alle serate sugli autoscontri alla sagra dei Per. Forse l'ultimo giro in giostra l'ho fatto lì, con i compagnetti delle medie. In adolescenza poi abbiamo percorso decine di volte quella via di Bribano, raccontandoci i nostri sogni, aspettando il primo amore. 

Avevo dimenticato tutto, finché l'anno scorso, quasi per caso, le nostre bimbe sono salite sul trenino, proprio quello che per anni ho visto scaldarsi sotto il sole di mezzogiorno, durante il turno al lavoro. Erano felici, elettrizzate, partecipi di quella stessa emozione che riconoscevo nei loro visetti felici. Il giostraio aveva insistito per offrirci il giro, e nei suoi occhi c'era la gioia contagiosa delle bambine. 

Oggi sono tutti lì, che lavorano con cura attorno alle attrazioni vuote; espongono i pupazzi e il carretto dello zucchero a velo. Sarà un anno diverso, il primo di tanti. Il mondo delle giostre itineranti sembra aver perso il fulgore di un tempo, ma il suo popolo continua ad andare avanti ancorato ai suoi valori, alla sua storia e alle sue tradizioni, con orgoglio e passione.

La ragazza dagli occhi verdi si rivolge a me con gentilezza, mi ringrazia e mi sorride. Vorrei dirle che ha dei capelli meravigliosi, ma rimango incantata a guardare la destrezza con cui li raccoglie in un perfetto chignon. Non sembra avere memoria di un passato glorioso: come tutti i giovani fa i conti con il presente e guarda al futuro, sperando solo che sia felice.

 



Commenti

Posta un commento

Post più popolari