Il profumo della sua libertà

È appoggiato al muro con le spalle, il bacino leggermente spinto in avanti e le gambe lunghe tese a formare un angolo acuto sul pavimento in pietra di Trani. Un lembo della camicia bianca, immacolata, esce stropicciato dai jeans, e le sneakers, una sull'altra, sembrano buttate lì a caso, come il ciuffo di capelli che gli rimane incollato alla fronte sudata. Cerca di soffiarlo su, spingendo in fuori il mento, ma quello scende di nuovo e si infila tra il sopracciglio e gli occhiali. Mi guarda dritto negli occhi, audace come il vino che ha bevuto stasera al tavolo con i suoi amici, al riparo dal mondo. Il suo sguardo, tra il perso e il languido, è quello di chi sa chi è e non ha paura di mostrarlo, ma allo stesso tempo emana un'aria di sfida che si diffonde tutt'intorno. Si avvicina e mi chiede una sigaretta. Potrebbe avere vent'anni, forse ventidue. È altissimo, magro, e ha la schiena lievemente incurvata, come se finora fosse rimasta raccolta solo a guardarsi dentro per non guardare fuori, a proteggere qualcosa di prezioso dalla violenza che si nasconde in ogni dove. È venuto verso di me fiero, sicuro. 

"Hai anche da accendere?" 

Mi accosto con la fiamma al suo viso e lui la copre con le mani, per ripararla dalla brezza della sera, sfiorando le mie. Fa un tiro e mi ringrazia con un sorriso. Torna dai suoi amici, si siede e cinge con un braccio la ragazza che gli sta accanto. Si inserisce con disinvoltura in un discorso che non stava seguendo, e io so che continua a non ascoltarli: lui sta guardando me. 

Il ghiaccio nel mio Chivas tentenna e brilla, intercettato dalla luce che esce dalla finestra. Mi nascondo dietro il vetro del bicchiere un istante per guardare le sue labbra socchiuse che lasciano intravedere dei denti di ragazzo, regolari e un po' staccati l'uno dall'altro.

Vorrei sapere tutto di lui: dove vive, che cosa studia, che lavoro fa, che cosa sogna. Vorrei dirgli che è bellissimo (anche se sicuramente sa già che lo penso), che mi riempie di gioia vederlo in mezzo a persone che lo amano incondizionatamente, e che un poco lo invidio, perché avrei voluto avere il suo stesso coraggio, un decennio abbondante fa. O forse vorrei semplicemente essere un ragazzo del Duemila, oggi, seduto al tavolo con lui e i suoi amici. 

Non mi rammarico di nulla perché ho combattuto: ho combattuto con tutte le mie forze per la mia identità, per la mia essenza, per una serenità che a noi non era concessa, e forse è anche grazie a me se stasera sono felice (felice come un ragazzino!) e posso sentire il profumo della sua libertà. 

Provo solo un po' di nostalgia per qualcosa che non ho nemmeno avuto, per il giovane che non ho potuto essere. Ma la strada è aperta, e mi crogiolo nel pensiero che non è stato tutto vano: forse, in un tempo non troppo lontano, anche noi potremo vivere davvero. 



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