La soffitta della nonna
Arrivo e mi siedo come al solito sulla panca, vicino al tavolo della cucina. Sento il profumo delle mele al forno, quelle piccole che cuociono tutte intere con la buccia, cosparse di zucchero e cannella. "Ho fatto anche il minestrone, se ne vuoi portare un po' a casa" dice mia suocera, intenta a lucidare un vecchio candelabro che ha trovato riordinando la soffitta.
È qualche settimana che se ne sta lassù, nel sottotetto, a rovistare fra i grandi bauli che negli anni ha riempito meticolosamente di cose da tenere via (quelle che "non si sa mai"), e di ricordi che oggi ci mostra con nostalgia e orgoglio.
Anch'io, per essere sicura di non pentirmene in futuro, conservo con cura suppellettili varie, foto, biglietti e disegni, ma a volte mi chiedo se abbia senso accumulare le cianfrusaglie di una vita, che poi inesorabilmente dimentichiamo di avere, e che forse non ci daremo mai il tempo di andare a ritrovare. Perché impegnarsi tanto a selezionare, catalogare, riordinare e accantonare le testimonianze della nostra esistenza quando di tempo non ce n'è mai abbastanza neanche per vivere? Ci affezioniamo - è naturale - agli oggetti che ci portiamo appresso, il problema è che sono troppi. Abbiamo troppo, di tutto.
Eppure da quella soffitta salta sempre fuori qualcosa di utile: biancheria, giocattoli, articoli da cancelleria, piatti, pentole, libri. Le nostre bambine si divertono un mondo con i tesori della nonna, e vogliono sempre salire con lei, su per la scala della botola, in quello che sembra essere davvero il paese delle meraviglie. Le si accoccolano vicino, e, con le boccucce aperte e gli occhi sgranati, ascoltano la storia di ogni affetto ritrovato.
Osservo le mani ossute della nonna passare un panno di lana attorno al candelabro. Apparteneva alla famiglia del nonno, e aveva illuminato le preghiere degli avi. Era stato riposto da quelle stesse mani in una scatola, che per tanti anni aveva solo aspettato il momento di essere riaperta.
La nonna tornerà a pregare all'antico e prezioso focolare. Lei è l'angelo custode della storia familiare, e mantiene con amore e fiducia il filo che che ci lega agli invisibili. La nonna accende le fiaccole lungo la strada, in modo che potremo ritrovarla quando ci sentiremo smarriti.
E anch'io la guardo con gli occhi sgranati, pieni di venerazione e gratitudine.
"Quando l'invisibile abbandona il mondo quotidiano (come fece con Giobbe, lasciandolo afflitto da ogni sorta di disgrazie fisiche e materiali), allora il mondo visibile non può più alimentare la vita, perché la vita non ha più il suo sostegno invisibile. Allora il mondo ti dilania.
La compresenza di visibile e invisibile è ciò che alimenta la vita. Noi arriviamo a riconoscere la straordinaria importanza dell'invisibile soltanto quando ci lascia soli, quando ci volge le spalle e scompare come Huldra nella foresta, come Yahwè sul Golgota.
Il grandioso compito di una cultura che voglia alimentare la vita, dunque, consiste nel mantenere gli invisibili attaccati a sé, gli dèi sorridenti e soddisfatti: nell'invitarli a rimanere con riti propiziatori e cerimonie; con danze, addobbi e litanie; con feste annuali e commemorazioni; con grandi dottrine come quella dell'Incarnazione e con piccoli gesti intuitivi, come toccare il legno, sgranare il rosario, tenere addosso una zampa di coniglio o un dente di squalo; o appendendo il mezuoth allo stipite della porta, o un portafortuna sopra il cruscotto; o depone do in silenzio un fiore sopra una pietra lucidata".
"Il codice dell'anima", James Hillman
senza parole❤
RispondiElimina❤️
EliminaSara, son rimasta senza parole ma con le lacrime agli occhi.
RispondiEliminaÈ vero si fa fatica a non gettare "la storia" , per chi ha una soffitta.
Passati gli anni della produttività ritorni in quell angolo dimenticato...
(Quanta storia, quanti ricordi.)
E cominci a svuotare gli scatoloni.....
Passato il tempo del "non si sa mai" riprendi in mano le cose che hai accantonato con una diversa consapevolezza del valore di ciò che ti passa per mano
e allora la cernita vien fatta
non con l idea di fare ordine,
ma con il cuore.
Grazie Sara perché mi hai dato la certezza che la mia non era solo mania di accantonare a una storia da conservare.