L'uomo pensante

Stavamo rovistando attorno al tavolo pieno di manifatture artigianali keniane che nostra cugina vendeva per una associazione benefica. Fra i meravigliosi oggetti in esposizione i miei occhi furono catturati da due sculture in ebano: una "Mamma con bambino" e "L'uomo pensante".


Tutto in quel periodo ruotava intorno a un desiderio, che era ancora un'assenza, che era la ricerca di un figlio. Che tutti lì, sapevano, e per questo credevano che avrei scelto la mamma con il bambino.
Anche io in un primo momento avevo pensato di prenderla come buon auspicio, ma poi realizzai che sarebbe anche potuta restare lì, su una mensola in salotto, a guardarmi per tutta la vita, a ricordarmi di ciò che non avevo potuto avere.

Scelsi "L'uomo pensante", un po' per scaramanzia, e me lo portai a casa sentendo già tutto il peso di quella testa sorretta da una mano.
Sarebbe stata una condanna? O quella ero io, da sempre, a dispetto della concreta e serena "normalità" che rincorrevo?



Poi abbiamo avuto due splendide bambine, abbiamo vissuto anni intensi. Io ero diventata "La mamma con bambino" per davvero, solo un pochino più indaffarata (a tratti convulsa, direi) rispetto ai placidi lineamenti del legno africano che ricordo. Certi giorni sono andata avanti come un caterpillar, a denti stretti, grazie a un cieco istinto di sopravvivenza; che ovviamente non aveva nulla a che vedere con quello che mi ero immaginata. 
La tranquillità a cui aspiravo finita l'università, e che mi ero persuasa di aver trovato, si era trasformata in un treno in corsa. E no, non mi bastava più: io non mi bastavo più. Diventare mamma ha dato un'accelerata all'esistenza pacifica e senza preoccupazioni che avevo creduto di volere e di poter avere, e che mi ostinavo ad inseguire a dispetto delle avversità. Forse ci eravamo convinti che essere felici fosse questo: trovare la persona giusta con cui invecchiare sereni, senza discussioni, senza problemi. E invece c'è dell'altro. Ci sono la fatica e il dolore attraverso cui dobbiamo necessariamente passare per sentirci vivi, per poter creare; dei figli, dei progetti, delle relazioni. Ci sono muri di gomma, parole strozzate in gola, non detti altamente tossici, bocconi amari da mandare giù. Ci sono mondi che devono trovare il modo per comunicare e ci sono le persone in continua evoluzione: bisogna imparare a conoscersi ogni giorno, a cambiare insieme.

Insomma, l'uomo pensante non ha strettamente che fare con la maternità, ma è proprio questa l'esperienza che mi ha permesso di arrivare in fretta ai nodi da sbrogliare, che mi ha fatto uscire dalla stagnante apatia nella quale mi ero arenata; dall'indolenza che fa perdere di vista l'essenza e incrosta il cuore: rinunciare per non rischiare, tacere per non lottare, non vivere appieno per non soffrire. Nelle mie nuove vesti di madre il vaso ha iniziato a riempirsi a dismisura fino a trasbordare. Non potevo più contenere, non potevo più ignorare: dovevo affrontare.  
"La vita non è altro che un susseguirsi di guai", o qualcosa del genere, ho letto in un libro. Perché mai ci siamo ficcati in testa di dover arrivare a vivere una vita perfetta, di poter arrivare, salvo poi sentirci dei falliti quando, va da sé, non raggiungiamo l'obiettivo? È una grandissima bugia, e prima ne prendiamo atto, prima possiamo imparare a vedere gli ostacoli come opportunità. Tutto ci porta qualcosa, "tutto fa brodo", anche in tempi e modi non sospetti. Forse cercare di risolvere i guai è la sfida di ogni giorno, ed è anche il gusto di esserci davvero. 

Intanto "L'uomo pensante" se ne sta lì, immobile, nel suo posto d'onore di fianco alla tv, incurante degli anni che passano e delle cose che succedono, in silente ascolto. Si può dire che sia uno di famiglia. Lo vedo con la coda dell'occhio ogni volta che ci passo vicino: i suoi angoli acuti, le curve liscie, le crepe che ho prontamente suturato ad ogni caduta, la mole palpabile di un perpetuo meditare, un monito. 

Non smetterò mai di essere un uomo pensante che si arrovella nei suoi crucci, ed è questo che, nonostante la fatica che comporta, auguro di essere anche alle nostre bambine. 

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