Milano

Quando la globalizzazione non era ancora al suo culmine, l'internet era cosa per pochi addetti ai lavori, e uscire dalla provincia era un evento, viaggiare in autostrada mi dava un senso di libertà e anche di appartenenza al mondo più grande visto in TV. Dopo le montagne la terra era diversa: i tre filari di bacò del nonno diventavano vitigni sterminati, tutto era vastità. La Pianura Padana era stata solo il racconto indolente di un amico caro ma io, quando vedevo le distese di fabbriche e le gigantesche insegne con i nomi delle pubblicità famose sui tetti rimanevo a bocca aperta. Centinaia, migliaia di operai avevano lasciato le auto negli immensi parcheggi arroventati dal sole, e in quei palazzoni scrostati, dietro quei minuscoli balconi, c'erano delle case; chissà com'erano dentro, se qualcuno stava guardando il telegiornale in poltrona dopo una giornata di fatiche o se stava mettendo su una pasta con il sugo STAR, proprio quello che lampeggiava in cima al condominio. 

"Andare fino a Milano" per noi era un modo di dire, ad intendere un giro lungo, un posto lontano. Un giorno avrei tenuto per mano il mio principe azzurro (quello che tutte sognavamo, che ci avrebbe rapite per condurci alla vita perfetta e che le bambine oggi scrutano con un sopracciglio alzato, ergo, stiamo facendo un buon lavoro), mentre guidava verso il nostro futuro; un giorno non ci sarebbero state più distanze. 

A fantasticare al finestrino ci sarei rimasta tutta la vita. Forse è per questo che poi ho tanto amato gli autobus e i treni, e che mi piace sempre che guidi lui mentre io posso perdermi ad osservare il paesaggio.

A Milano abbiamo fatto una scorpacciata di mezzi pubblici, di panzerotti Luini, di gelato 7 veli, di valigie, di profumi da donna in sandali col tacco, di dettagli rubati; anche di pioggia, ma almeno non abbiamo sofferto il temuto caldo e ci siamo fermati sotto le volte affrescate del Castello. Abbiamo visto i grattacieli, la storia, la fretta; e dalla finestra, se il vento tirava dalla parte giusta, suonavano i Coldplay. I Navigli li lasciamo per la prossima volta, quelli lo so che mi aspettano sempre.























 

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