Da monte a valle, da valle a monte

La bandiera ladina sventola vicino alla fontana: verde come i prati e i boschi, bianca come le montagne di dolomia ancora ricoperte di neve e blu come il cielo. Immancabili i ribes e i lamponi lungo i sentieri, che sembra siano stati piantati apposta nelle centinaia di anni a rinfrancare le genti che vi passavano; e non per diletto, come facciamo noi, ma per necessità. Da monte a valle, da valle a monte, e così via. 

Costa dei Salesei - Davedino - Malga Laste - Moè di Laste - Digonera - Costa dei Salesei. 

Volevamo fare un altro giro, ma il meteo incerto ci ha fatto scartare l'ipotesi dell'escursione panoramica in quota, anche se comunque avremmo salito il Col di Lana da Costa dei Salesei con la speranza che fosse meno inflazionato. Sempre da Costa siamo partiti, scesi in fondovalle sul Cordevole e risaliti a Davedino sotto il sole cocente. La vedevo sempre da Pieve di Livinallongo, la piccola frazione, e pensavo ai bambini e ai ragazzi che una volta facevano tutta la strada a piedi fino al capoluogo per andare a scuola. Sarà stato uno di loro l'anziano signore che spazzava la strada dalla ghiaia che il temporale della sera precedente aveva smosso. Con la sua pala, incurante del caldo, faceva quello che solo gli uomini della montagna sanno fare: prendersi cura delle cose di tutti. 


Al borghetto la via si è aperta in un nugolo di paesani riuniti nel cortile per la tradizionale festa della frazione. Tavole imbandite di piatti tipici preparati con generosità dalle signore del posto, fra i quali le "foie", che conosco da sempre grazie alla mia vicina di casa che ogni anno le preparava anche per noi quando ero piccola. Lei viene da lassù. L'acqua con lo sciroppo di sambuco, il pane duro con i semi di finocchietto selvatico, che un tempo si infornava una volta l'anno; i fiori, a ornare le finestre delle case che in inverno ormai rimangono vuote. 







E poi su per il sentiero che sale fino a permettere il guado del ruscello, verso Malga Laste. Da un massiccio all'altro, a monte; così funziona, non lo avevo ancora capito. Da una montagna all'altra gli innamorati si pensavano, e per quelle che dopo Vaia sono rimaste tracce ancora impraticabili forse si amavano. La terra ha assorbito i colpi sordi delle fatiche, delle sofferenze della guerra, ma anche le gioie degli incontri, e infine gli schianti della tempesta. Alcune piste non sono state più riaperte (a chi servono più?), altre, dopo essere state ripulite con grande sforzo dagli alberi caduti sono state invase da rovi di ogni tipo. I graffi sulla pelle non sono ancora completamente guariti, ma testimoniano la mia gratitudine per aver camminato su quella che viene considerata una montagna minore, meno scenografica, forse, ma piena zeppa di storie.









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