Entanglement

Torno in città, la città dell' università. Il nostro appartamento è libero, ci passerò la notte. Quanti ricordi qui! Sembra più uno chalet di montagna, che un nudo alloggio studentesco, tutto in legno con ampie vetrate che guardano... un momento, guardano i colli prealpini! Sì, questo è proprio il tramonto sull'orizzonte che conosco a memoria. Del resto i sogni sono così, cose sconnesse che hanno un senso solo finché non ci si desta. 

Preparo il letto grande, mi farò una doccia calda. Qualcuno gira le chiavi nella toppa.

- Ma non ci credo, sei proprio tu?

- Sì, e tu che ci fai qui?

- Volevo prendermi una pausa, rilassarmi.

Entro in doccia, un po' dispiaciuta di non essere più sola. È minuscola, ricavata in un angolo e delimitata da una tendina a fiori, di quelle in plastica fissate al tubo con gli anelli bianchi. Potrebbe essere la toletta ricavata in un vecchio van. Diciamo che questo posto è una via di mezzo fra la stanza di un resort e il covo vagamente hippie di un gruppetto di amici, con i teli etnici appoggiati sul divano fronte cielo.

Carlo è un mio compaesano, ha frequentato la triennale con me e abitavamo qui, insieme a un' altra coinquilina, anche se è vero solo che siamo originari della stessa frazione. Ci conosciamo da sempre, abbiamo condiviso parecchie serate in compagnia, qualche notte a fumare sigarette e confidarci i reciproci mali d'amore, e poi l'università. Un fratello, ecco. 

La stanza ora sembra un bagno turco per i vapori dell' acqua bollente con cui mi sono lenita lo spirito. Non ho voglia di parlare, non ero venuta qui per questo. Neanche lui, ma ci basta guardarci negli occhi per saperlo, senza alcuna tensione, alcun imbarazzo. Che di solito, quando incontri una persona che non vedi e non senti da tantissimo tempo ti senti di dover dire, chiedere qualcosa. Come stai? Che fai nella vita? Famiglia tutto bene? E poi la frustrazione di non riuscire a colmare i vuoti, gli arretrati, voler dire tutto subito, come a mostrare chi siamo in un colpo solo, in una manifestazione fulminea; ma non poterlo fare. Silenzio. Siamo in perfetta sintonia. Liberi. Esco e mi rendo conto che ci troviamo sul declivio sopra il cimitero. Lungo la strada hanno installato un sistema solare sospeso in aria che si illumina di notte. Stupendo. Dobbiamo venire con i bambini un giorno, lo scrivo subito a mio marito. Torno dentro e ci mettiamo a letto, io a sinistra, lungo la parete, lui a destra, vicino all'entrata, come tante volte, tanti anni fa. Dormiamo. Ero venuta qui per questo. 

S'indora l'alba, sorge il sole. Bussano con allegria, perché sì, ci sono tanti modi per bussare a una porta. È Diana. Una cascata di riccioli rossi fa capolino con con un sorriso smagliante e in braccio una bellissima bambina. Energia allo stato puro. Scarica dalla macchina due borsoni, in uno le lenzuola per il weekend. A saperlo avrei usato il letto più piccolo, quello che era stato di Carlo. Mi sento un po' a disagio. Non credo sapesse che c'era un terzo incomodo in casa, ma soprattutto, cosa penserà del fatto che io e Carlo abbiamo dormito insieme? Lei non se ne cura, ed effettivamente non ha alcun motivo di preoccuparsi. Ha portato le brioches del panificio, una anche per me. Metto su il caffè, facciamo colazione insieme. Agata, due anni, è davvero adorabile. Ha grandi occhi blu, come la mamma, che emanano solo serenità e dolcezza, la bocca sporca di marmellata e zucchero a velo. Ma io non ho proprio voglia di bambini piccoli, questi dovevano essere due giorni in solitaria, e anche Carlo e Diana probabilmente avevano altri programmi. Disfo il letto e raccolgo le mie cose. Ci salutiamo e ci abbracciamo. 

- Buon proseguimento, ci vediamo presto!

Mi tuffo nella bruma gelata di gennaio.


Non so che cosa ho fatto del tempo che mi restava, perché è suonata la sveglia. 

Mi alzo, faccio colazione con la mia famiglia, passo l' aspirapolvere e mi chiedo come mi sia uscito un sogno così. Vado in all' ufficio postale per una commissione ed eccola: una criniera ribelle color rame che si muove davanti all' operatore dello sportello perennemente affannato. 

"Ci vediamo presto". Non credevo così presto. La scia di immagini oniriche della notte, che ancora non si sono dipanate, finiscono per incarnarsi nella realtà, al confine tra magia e scienza; forse la fisica quantistica, capace di gettare un ponte verso l' inspiegabile, potrebbe legittimare l'anima esiliata agli occhi di un mondo che non vede più. 

Abbiamo un aperitivo in sospeso, sento di doverla conoscere. Parliamo dell' influenza che non dà tregua alle nostre vacanze, di quanto è bella Agata; è chiaro che non è ancora tempo di quell'appuntamento, un entangled che ho allacciato in preda a un' intuizione, ma che non sono pronta a collegare. Ho paura dell' epifania che cerco, forse, ma non mi stanco di guardare le stelle, fiduciosa.


Victoria, Pixabay


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