Scorpacciata di Dolomiti


Colfosco significherebbe "collina all'ombra della montagna", dal ladino antico. Noi però di ombra ne abbiamo sempre vista poca qui: direi piuttosto che il paese si è guadagnato un posto al sole nella nostra geografia del cuore. Per me il nome ricorda le distese dei pini mughi aggrappati alle pendici delle montagne sulle quali siede; le vestono di larghe macchie scure, che da vicino però mostrano un verde brillare di aghi.

Siamo arrivati ai due giorni in montagna di mamma e papà, istituiti un anno fa. Il silenzio e il senso di vuoto ci lasciano sgomenti. Dura qualche minuto, il tempo di realizzare che possiamo cambiare playlist, ad esempio. Ma poi, ogni quarto d'ora torna il presentimento di aver dimenticato qualcosa, una sensazione di mancanza, quel pensare a quattro teste, a quattro corpi, per poi accorgerci che siamo la metà; che il bagaglio è leggero, che non ci sono indicazioni da dare, decisioni da negoziare, crisi da prevenire o da sedare. Dobbiamo solo badare a noi stessi, alle nostre gambe, al nostro respiro. Camminare senza limiti, insomma. Ogni tanto ci vuole. 

La partenza e l'arrivo li abbiamo scoperti con le bambine, e sono stati sempre giorni felici. Questa volta abbiamo voluto esplorare cosa c'è dietro le creste che ci hanno lasciato a bocca aperta la prima volta. E niente, il giro delle forcelle dal rifugio Edelweiss al rifugio Jimmi (+ ritorno a Colfosco) è un concentrato di Dolomiti: pascoli d'alta quota, sconfinati paesaggi lunari, anfiteatri, laghetti, vette e massicci di ogni forma tipo e colore, ghiaioni, spuntoni aguzzi e frastagliati, catene di torri rosa, falesie, fiori, e, appunto, boschi di mughi, che rinsaldano i sentieri con le loro radici e sanno di casa.


Se dovessi mostrare le Dolomiti a qualcuno che non le ha mai viste, verrei qui: la fatica sarebbe poca cosa di fronte allo spettacolo continuo di questo percorso. Ovviamente stiamo pensando a quando saremo pronti per rifarlo in quattro!


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