Daje Antonello!

Oggi sono passata in macelleria a prendere delle fettine di pollo e mi sono detta che lì la musica si sente sempre molto bene. Non so se è l'impianto stereo, l'acustica delle stanze, l'ambiente, o che semplicemente mi piace tutto il repertorio che mettono (ed è veramente vario). Comunque, andava Antonello Venditti, anche se me ne sono resa conto solo dopo un po', quando ho cominciato a canticchiare dimmelo tu cos'è? Dimmelo tu, cos'è che trasforma un giorno anonimo in felicità, così, senza motivo! 

Al ristorante gli operai mangiavano i piatti che uscivano dalla cucina, quelli buoni e generosi delle trattorie. Sara svegliati è primavera (Sara, Sara, Sara, Sara). Me l'avranno cantata migliaia di volte, l'ho ascoltata altrettante, e anche oggi Marco me l'ha dedicata: succede da sempre. 

Perché le canzoni di Venditti non mi ricordano un frammento della mia vita, un momento preciso, una fotografia. Sono il sottofondo dalla radio di papà, un background involontariamente penetrato dalla pelle al cuore. Quello che mi trasmettono, insomma, è più un senso di nostalgia per un tempo in cui non sono mai stata e che immagino fosse più pieno di sole e di amore. Sono suoni, melodie, vibrazioni che riempiono, al di là dei testi, di cui mi sono poco o nulla curata. 

Solo un paio mi inchiodano proprio lì, nel corridoio del liceo. "E QUANDO PENSO CHE SIA FINITA È PROPRIO ALLORA CHE COMINCIA LA SALITA", c'era scritto su un foglio appeso alla porta della terza; io, da inguaribile ottimista quale ero, continuai sull'entrata della nostra classe: "...CHE FANTASTICA STORIA È LA VITA!" mentre, a dirla tutta, lacrime di pioggia scendevano a giorni alterni. Mi struggevo da morire in quell'assolo di chitarra, straziante e altissimo, che sfiora il cielo per ridiscendere giù a stemperarsi fra le nuvole, con la sua cadenza malinconica e pure serena di fondo. Un grido che sfoga quasi tutto il dolore e si quieta piano piano, consapevole e paziente, ma sempre sul limitare di una svirgolata, un colpo di coda, un anelito, il penultimo (le canzoni una volta non finivano mai, sfumavano in una scia interminabile). Era il mio grido soffocato che pure sfiatava, rassegnato e pacificato nell'inesorabilità (Antonello stava parlando di una storia precisa, ma l'emozione purissima che la musica portava era anche la mia). 

E poi c'è Notte prima degli esami, passata nelle radio a giugno di ogni anno: suonava anche nel 2005. L'estate prima avevo rubato a Leo il doppio cd live "Da San Siro a Samarcanda", che conservo ancora. Proprio io che so esattamente e con un certo fastidio dove sono i libri che ho prestato decenni fa, mentre mi pendono sulla coscienza quei due che non ho ancora restituito. Fatto sta che li ho ascoltati e riascoltati, per mesi, anni. Pur ignorando la politica e le cose del mondo, la rabbia montava in me, che nell'86 ci sono nata; sentivo il fervore dell'imminente età adulta, l'incalzare di Giulio Cesare e della vita che si apriva al futuro. In mezzo citazioni di liceo non ancora metabolizzate che però si distinguevano nella confusione di quegli anni duri e meravigliosi, come campanili fra le colline. Memorizzavo ancora i testi delle canzoni (le uniche che ricordo le ho imparate prima dei 20 anni, poi forse non ho più avuto spazio a sufficienza: pare infatti che il cervello ad un certo punto cominci a selezionare le informazioni, per poter conservare quelle di vitale importanza), ma non andavo mai a sondare l'humus dal quale venivano. Per me Antonello era un romantico e basta. E io ero stata rapita dalla musica, dagli strumenti: l'intensità penetrante del sax, la potenza del basso, il pestare della batteria alternato alla delicatezza del piano. Dentro la sua musica ci sono le cose della vita, l'umanità nelle sue molteplici sfaccettature, tutte le emozioni e le stagioni che si muovono in un sorriso di fondo, in un abbraccio che prende le moltitudini e afferra anche le volpi solitarie come me. Perché forse se il mondo fosse sorridente come Antonello ci starei meglio pure io. Ma lui è davvero così sorridente? È una caratteristica che attribuiscono anche a me. Solo Irene, con gli occhi puri di bambina mi chiede: "mamma, ma perché sei sempre triste?". "Non sono triste, amore, sto solo pensando". Antonello sorride, ma ci confessa che certi giorni avrebbe voluto morire. Solo la verità perdura, l'immortale e dolorosa verità che l'arte ha il potere di veicolare alle generazioni.

Difficilmente mi metto ad ascoltare musica: lei è finita nel cestino della procrastinazione come tutti gli inutili piaceri e ogni presente che mi nego o rimando a domani. Ma oggi ho messo le cuffie e questo guizzo di bene che sembrava uno squarcio improvviso ed effimero, con mio immenso stupore non finiva più: ha accelerato i battiti del mio cuore per tutto il giorno. Antonello vibra di buono, fa venir voglia di vivere.

Ileana, custode di storie e ninnoli meravigliosi, ha messo Alta marea nel suo angolo di mondo. Non trovava le parole per descrivere quella che è una delle sue canzoni preferite. Io le ho detto che a me pare di vedere e sentire il mare, ma non un mare in particolare, bensì tutti i mari in cui siamo state e anche quelli che ancora dobbiamo vedere. 

È proprio questo forse che amo più di tutto di Antonello Venditti: la capacità di vedere Roma per la prima volta una mattina, scoprire le cose di sempre con occhi sempre nuovi, lì dove sembra che er tempo se sia fermato.

"Martedì vado al suo concerto, sai?"




8 luglio 2025, Bassano del Grappa
 

Nella mia vita di "sarebbe bello, si potrebbe fare, prima o poi", tu hai mantenuto una promessa, e ti ringrazio, Ale, per questo concerto ai limiti della sopravvivenza. Alla fine tra i temporali, la pioggia, le nostalgie, i morti, i ricordi, i dolori, sono gli aneddoti e le risate a tenere insieme la vita, mentre sorge la luna come un miracolo e speriamo che una buona stella ci assista.


Proteggi i nostri sogni veri dalla vita quotidiana 

e salvali dell’odio e dal dolore.

Proteggi i nostri figli puri nella vita quotidiana

e salvali dall'odio e dal potere

come il primo giorno come nella fantasia.

Amen 

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